Home PageArticolo rivistaEDITORIALE: Integrazione come processo dinamico

Autore: Rovera G.G.
Pubblicato nel numero: Anno XXXX Luglio - Dicembre 2012 - Numero 72
Parole chiave: Integrazione, Processo, Modello di rete, Interdisciplinarietà, Sistema aperto, Psicoterapia dinamica culturale, Comprensione Esplicativa

EDITORIALE: Integrazione come processo dinamico

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Editoriale disponibile in allegato: DOWNLOAD PDF

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Integrazione come processo dinamico

La Psicologia Individuale è una Psicologia Dinamica del Profondo e nello stesso tempo una Psicologia Sociale e Culturale. La società e la cultura sono inscindibili, e se la cultura “cambia il cervello”, il curante inerisce a tale mutamento anche attraverso un’immedesimazione culturalmente appropriata. Una psicoterapia adleriana deve allora riferirsi piuttosto che non ad un programma di co-costruzione ad un progetto co-creativo (1)
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La frantumazione epistemologica, che segue il periodo moderno e risale alla fine dell’‘800, esita nella seconda metà del secolo successivo, nel periodo post–moderno. Essa riguarda, non solo le arti e le filosofie, ma si rivolge anche alle teorie ed ai metodi delle Scienze in generale e pure alle discipline delle Scienze Psicologiche e Sociali.
Nell’epoca contemporanea delle biotecnologie, delle scienze e dell’informatica, l’analisi della condizione post-moderna, ha coinvolto molti studiosi ed intellettuali ed ha trovato il suo epigono in Zygmut Bauman (2) che ha coniato il concetto di “liquidità”come una delle metafore della dis-integrazione. Le importanti trasformazioni sociali, politiche ed istituzionali, avvenute nel Secolo XXI, in seguito alla disgregazione ed alla liquefazione di un mondo divenuto post-utopico: dissolvono anche identità, alterità ed intere Comunità, che diventerebbero sempre più precarie, sfuggenti e liquide sino a giungere ad un miraggio evaporato.
Ci dirigeremmo così verso una post umanità quale esito di una società liquida. Tra le prime vittime di tale condizione, vi sarebbe l’etica, tant’è che l’immoralità si rivelerebbe sempre più simile alle catastrofi naturali di un tempo: fortuite, incomprensibili, imprevedibili ed indifferenti alla ragione ed ai desideri umani.
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Di contro a tale dissoluzione, tendente alla dis-integrazione specie nel territorio delle scienze naturali, emerge una sfida che si propone di superare la situazione post-moderna, attraverso un nuovo modello di integrazione. Tale modello si appella ad una unità perduta da ricostruire e che viene definita quale integrazione sintetica o unitaria. Questa tendenza è volta ad una unificazione, non solo delle scienze naturali, ma anche di queste con le scienze socio-psico-culturali (3).
Il paradigma forte delle scienze fisiche-chimiche-biologiche, preconizza un’integrazione disciplinare gerarchizzata, sintetica ed unificantesi a delle Neuroscienze, ma anche della Psicologia e dell’Arte (4).
Tale modello ha le proprie matrici: 1) nella consapevolezza che ogni disciplina sia in grado di cogliere soltanto un aspetto particolare della vita, giacché la sua capacità di spiegazione sarebbe limitata; 2) nella pretesa che particolari discipline (es. la fisica e la biologia) valgano come modello per le altre (es. la psicologia e la sociologia); 3) nel confronto tra le scienze psico-socio-culturali e scienze naturali, si presupporrebbe che la condizione della scientificità sia il poter dialogare tra le cosiddette scienze dello spirito e scienze della natura (5).
Sicché ad un’enciclopedia del sapere, gli assunti neopositivistici si pongono come meta quella di assorbire al linguaggio della fisica anche i linguaggi delle scienze antropologiche, psicologiche, sociali e culturali: tale ipotesi condurrebbero a riduzionismi radicali. Questo modello viene esplicitamente configurato quale
nuovo umanesimo (6).
Questo programma di ricerche non ha avuto tuttavia i riscontri attesi, specie per quanto riguarda le discipline psico-socio-culturali: anche per la riproposizione di assunti troppo riduzionistici ed unificanti. Inoltre, in un tale contesto, gli interventi psicoterapeutici dovrebbero essere dimostrabili attraverso criteri di efficacia, con il raggiungimento di risultati oggettivi anche attraverso la matematizzazione dei dati.
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Una terza tendenza attuale è quella dell’integrazione processuale, a rete, che convoglia filoni di studio diversi, in punti nodali i quali successivamente si aprono a nuovi percorsi di ricerca. Tale interazione disciplinare, da un lato supera la disintegrazione liquida e dall’altro si differenzia dal paradigma unitario considerato troppo unificante e gerarchizzato.

Lo schema di riferimento interattivo, anche sostenuto da alcune posizioni della filosofia della scienza, lascia da parte la pretesa di costruire una scienza unitaria e punta piuttosto ad una multidisciplinarietà che nella sua evoluzione, realizzi una rete interdisciplinare, utilizzando tecniche di ricerca e risultati di aree di indagine diverse: anche tra scienze sociali e scienze naturali e tra scienze sociali e ricerca storica.
Se la tendenza alla sintesi poggia sul postulato che ogni disciplina faccia parte di un tutto unitario, l’integrazione processuale sostiene che l’interdisciplinarietà sia il prodotto-come suddetto-di un’articolazione del lavoro scientifico tra le scienze naturali e quelle sociali, entrambe storicamente determinate e quindi facenti parte di un costante movimento di modificazione.
Sembra che questo tipo di approccio nell’ambito della P.I.C. (quale sistema aperto, modello di rete e rete di modelli), non unificante e nemmeno eclettico e sincretico, favorisca un processo di amplificazione tanto rispetto alle ricerche delle Neuroscienze, quanto verso gli studi delle Scienze Sociali. Ciò corrisponderebbe inoltre all’adleriano finalismo morbido.
L’Individual Psicologia (P.I.C.) si propone“versus” un sistema aperto, sia a livello teorico-metodologico, sia a livello tecnico-pratico. La P.I.C. giustifica i nodi di incontro e di discussione in cui si pone in interazione funzionale con problemi di comunicazione, di interpretazione, di empatia e di relazione terapeutica: intesi sia come schemi teorici che come strumenti.
Ed è grazie a questo tipo di processo che si può collocare una Psicoterapia Dinamica Culturale (PDC) di orientamento adleriano, che utilizza una comprensione/esplicativa/condivisa (7).
Il punto di vista della P.I.C., che attiene ad un modello di integrazione come processo, offre pure opportunità per esaminare il ruolo e l’impatto della cultura a livello clinico, con particolare riguardo alle modalità attraverso le quali la terapia viene effettuata. L’abito su misura già citato da Alfred Adler, trova nel “come fare” (tecnica) e nel “fare come” (co-creatività) della relazione d’aiuto adleriana e dell’analisi dello stile di vita, la sua piena applicabilità.
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Alla luce di quanto proposto si ritiene utile riportare brevemente i Tre Articoli che costituiscono i contenuti scientifici principali di questo Numero 72 della Rivista.

1)L’interesse per il contributo di Simone Spina è dato anche dalla sua frequentazione in prima persona, della“Scuola Adleriana Classica del Profondo di San Francisco”. Questa fu fondata da un gruppo di allievi di Adler, i quali si ritengono a tutt’oggi, i continuatori privilegiati del suo pensiero. Qualora tale gruppo di studiosi non si confrontasse criticamente con altre scuole di P.I., il rischio potrebbe essere quello di esitare in una sorta di “deriva epistemologica”: con la conseguenza, che uno sviluppo operativo solo all’interno della PACP, possa enfatizzare gli aspetti “cosmici”, ecosistemici, e quasi trascendentali del Gemeinschaftgefühl, da essi tradotto come“Sentimento di Comunione”.
In un’ottica di apertura e di integrazione come processo, questo Articolo contribuisce a conoscere meglio molte istanze di attualità, grazie ad aperture verso pratiche di meditazione e di autoconsapevolezza, come la Mindfulness e la Mindsight, accettate da molteplici indirizzi di psicoterapia dinamica: e pure dalle stesse Neuroscienze Cognitive.
2) Lo studio di Carolina Gasparini e di Antonio Gatti, esplora un’area spesso trascurata dell’interazione psicodinamica, che sottolinea gli aspetti linguistici e comunicativi. Questi assumono particolare rilievo quando paziente e terapeuta sono di Madrelingua e di Orientamento di Valori diversi: tali situazioni, sono sempre più frequenti anche nei nostri contesti operativi inseguito ai flussi di migrazione. Le frontiere “limite” permettono non soltanto di indagare, come si è detto, aspetti generali di tipo linguistico, e di comunicazione non-verbale, ma anchedi analizzare quelle “valenze implicite” che stanno assumendo sempre maggior rilevanza: sia per le scoperte nell’ambito dell’Infant Research, sia per i progressi delle Neuroscienze, sia per una Psicoterapia Dinamica Culturalmente appropriata. L’esposizione originale ed approfondita del Contributo merita una attenta lettura.

3) Alessandra Bianconi e Maria Sole Del Noce espongono un caso clinico complesso, di cui vengono analizzate le caratteristiche sintomatologiche, gli aspetti psicodinamici e pure i movimenti transferali / controtransferali. Tutto ciò è ben inserito nella cornice teorica dell’analisi dello Stile di Vita. Si mettono inoltre in evidenza gli elementi del processo psicoterapeutico: sia nei momenti di avanzamento, sia di stallo, sia di crisi a livello di uno “schema relazionale”. Uno dei pregi dell’Articolo è quello di mettere in primo piano gli aspetti clinici e dinamici, che rappresentano il “fare” dell’analista.                                             ***
Il filone della P.I.C., che inerisca ad un’interazione come processo, porta ad una risonanza consapevole dei vari contributi. Basti pensare all’importanza delle intuizioni comprensive (insight), alle rinnovate formulazioni di modalità di ricerca, alle tecniche psicoterapeutiche particolari (es. le psicoterapie brevi), alle rivisitazioni dei setting. Le indagini sul campo si estendono verso nuove riflessioni e concettualizzazioni circa i modelli esplicativi ed anche rispetto al problema della formazione. Questa è da considerare una metodica cui attengono tecniche elaborate e trasmissibili con aspetti complessi, di cui non si può giungere a standardizzazioni definitive.
Il problema può essere affrontato qualora si ritenga che i percorsi formativi, riguardino tanto il “come fare” (procedura di apprendimento tecnico-metodologico), quanto il  “fare come” (procedura di tirocinio congeniale-identificatorio e quindi di immedesimazione anche culturale).

Nell’ambito di una Psicopatologia Generale (8), la P.I.C. ha caratteristiche di spiegazione scientifico-esplicativa (rispetto alla sperimentazione trasmissibile ed alla comparazione dei dati), che confluisce in una comprensione (di empatia, di imitazione, di insegnamento, di tirocinio): entrambe integrabili in un capire (del nucleo profondo).
Il sentimento sociale può evolvere motivazionalmente verso un interesse solidale e successivamente verso un processo di integrazione e di condivisione co–creativa (9).
Lo sviluppo della riflessione epistemologica contemporanea, con particolare riferimento all’integrazione processuale, sembra consentire di porre le questioni sia rispetto alla scientificità, sia rispetto ad un metodo clinico volto, attraverso il coinvolgimento empatico interindividuale, ad accogliere come strumento di conoscenza del lavoro terapeutico anche le memorie implicite, i sentimenti, gli affetti, il simbolico, la soggettività (10).
Un’integrazione processuale permette la concettualizzazione del procedere psicoterapeutico in connessione con i più generali principi di pensabilità del mondo, di evolversi dei vari filoni del sapere, di aprirsi dell’umanità ad una via della speranza (11).
La riconfluenza disciplinare grazie ad una rete di modelli, evita sia una disintegrazione, sia una integrazione unificante e permette appunto un processo di integrazione.

(1) BOSTON CHANGE PROCESS STUDY GROUP(2010), Change in Psychotherapy. A Unifying
Paradigm, tr. it. Il cambiamento in psicoterapia, Raffaello Cortina, Milano 2012.
(2) BAUMAN, Z.(2010), Living on Borrowed Time, tr. it. Vite che non possiamo permetterci, Laterza,
Roma–Bari 2011.
(3) ROSSI, P. (1997), Scienze Sociali (voce), in Enciclopedia delle Scienze Sociali, Treccani, Roma,
Vol. VII:662–677.
(4) KANDEL, E. K. (2012), The Age of Insight, tr. it. L’età dell’inconscio, Raffaello Cortina, Milano 2012.
(5) ANTISERI, D. (2001), Teoria unificata del metodo, UTET, Torino.
(6) KANDEL, E. (2005), Psychiatry, Psychoanalysis and the New Biology of Mind, tr. it. Psichiatria, Psicoanalisi e nuova biologia della mente, Raffaello Cortina, Milano 2007.
(7) ROVERA, G. G., GATTI, A. (2012), Linguaggio e Comprensione Esplicativa, Riv. Psicol. Indiv.,
71:87-128.
(8) JASPERS, K. (1913-1959), Allgemeine Psychopathologie, tr. it. Psicopatologia generale, Il
Pensiero Scientifico, Roma 1964.
(9) BOSTON CHANGE PROCESS STUDY GROUP (2010), Change in Psychotherapy. A Unifying
Paradigm, tr. it. Il cambiamento in psicoterapia, Raffaello Cortina, Milano 2012.
(10) INGHILLERI, M.(2012), Riflessioni sui problemi epistemologici in psicoterapia: verso una “scientificità del qualitativo”, Psychomedia: Scienze e pensiero. Epistemologia. www.psychomedia.it
(11) MORIN, E. (2011), La voie. Puor l’avenir de l’humanitè, Ed. Fayard, Paris.

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