1

EDITORIALE: Le alleanze terapeutiche in Psicologia Individuale

Editoriale disponibile in allegato: DOWNLOAD PDF

076_Editoriale

LE ALLEANZE TERAPEUTICHE in Psicologia Individuale

I. Introduzione
1. Cosa rimane della tradizionale Alleanza Terapeutica in una Psicoterapia Dinamica Adleriana, quale Revisione dello Stile di Vita? Quali sono oggi le nuove alleanze che si propongono rispetto alle richieste di psicoterapia? È possibile giungere in modo appropriato ad un certo tipo di Alleanza Terapeutica, quando le psicoterapie si effettuano in Strutture Pubbliche e con pazienti difficili o, anche per motivi economici, i trattamenti sono brevi o limitati nel tempo?
2.Le Alleanze Terapeutiche sono forme di stretta cooperazione. In una Psicoterapia ad orientamento dinamico come quella Adleriana esse sono vincolate da un’interazione reciproca, nelle circostanze e nei modi previsti dalle regole dell’accordo che la istituiscono, ma con una dimensione esistenziale che si correla, ma non coincide, con le dinamiche del setting.
La comunanza di motivazioni tra terapeuta e paziente, finalizzata al miglioramento dello stato di salute fisico e psichico, è peraltro considerata una condizione prioritaria per un processo di cambiamento.
Motivazioni e finalità devono promuovere un’alleanza d’azione, ma le valenze che dovrebbero convergere possono essere anche non univoche (vedi, ad esempio, nei soggetti anoressici, nei disturbi borderline, negli individui dipendenti da droghe, ecc).
3.L’espressione Alleanza Terapeutica è coniata per descrivere una condivisione reciproca della situazione analitica tra paziente e terapeuta [ZETZEL, E. R., 1958].
Qualche anno dopo, viene utilizzata l’espressione Alleanza di Lavoro, per designare l’«insieme di atteggiamenti razionali e finalistici del paziente nei confronti dello psicoanalista e, la capacità del paziente di lavorare nella situazione analitica. Lo si vede soprattutto quando un paziente, pur se in preda a un’intensa nevrosi di transfert, riesce a mantenere un efficiente rapporto operativo con l’analista» [2]. Partendo da una definizione trasversale e inclusiva, Bordin, Safran e Muran [citazioni] formulano una terza definizione: quella di Alleanza Negoziata, in cui i due partecipanti nello scambio clinico sono implicati in una trattativa continua, oggetto di fenomeni di rottura e riparazione dell’Alleanza.                                   Le espressioni “Alleanza Terapeutica”, “Alleanza di Lavoro” e “Alleanza Negoziata” sono le denominazioni più usate per indicare una dimensione interattiva che è intrinseca e, talora, va oltre lo specifico trattamento psicoterapeutico. Essa è infatti riferibile alla capacità del paziente e del terapeuta di sviluppare un rapporto basato sulla fiducia, sul rispetto e sulla collaborazione, finalizzato ad affrontare i problemi e le difficoltà del paziente, che favorisce il processo e l’esito della psicoterapia, e che può permanere oltre la fine del trattamento.

[…]

VI. Contributi clinici
I tre contributi originali del N. 76 della Rivista si correlano in numerosi aspetti all’argomento dell’Editoriale. Un approccio psicoterapeutico adleriano, quale analisi dello Stile di Vita, non può infatti non tenere conto della valutazione clinica complessiva, della dimensione culturale, dei contesti istituzionali psicoterapeutici e soprattutto non può non mettere in evidenza le vicissitudini e le diverse modulazioni che riguardano l’Alleanza Terapeutica, l’Alleanza di Lavoroo l’Alleanza Negoziata.
Gli Articoli, ed anche la recensione del volume di Ferrero, sebbene si differenzino per la tipologia clinica e per le procedure dell’approccio psicoterapico, hanno quale denominatore comune il fatto importante che i trattamenti sono stati condotti in Strutture Pubbliche.

1.Il primo articolo di Secondo Fassino,dal titolo “La resistenza ai trattamenti nell’anoressia nervosa: la psicoterapia psicodinamica adleriana ha una specifica indicazione?”, si fonda su di una lunga esperienza teorico-pratica sui Disturbi del Comportamento Alimentare, focalizzata specialmente sull’Anoressia Nervosa (A.N.), di cui l’Autore è uno dei massimi esperti anche a livello internazionale.
L’Autore sottolinea l’importanza della resistenza ai trattamenti nei D.C.A., delle cultural-dipendenze e dei frequenti drop-out.
La psicopatologia clinica si costituisce quale circolo vizioso: un disturbo dello sviluppo sostenuto da molteplici fattori fa sì che l’Anoressia Mentale (A.M.) come il sintomo alimentare si instauri come una risposta pseudo-autoriferita e un sentimento di crollo dell’autostima.
Le cronicizzazioni dei casi suggeriscono appunto che una nuova fase dell’alleanza terapeutica (qui da intendersi in senso generale) è dovuta a vulnerabilità, dinamiche familiari, stile di attaccamento interindividuale: con la ridefinizione del ruolo del terapeuta, del processo di incoraggiamento e della comprensione empatica.
Fassino analizza inoltre le basi del trattamento, sottolineando l’importanza del metacontrotransfert e delle variabilità controtransferali e di come il coinvolgimento del terapeuta nell’A.M. sia differente dagli altri interventi convenzionali. Ad esempio, il terapeuta, quando si “spaventa”, constata l’illusione dell’alleanza terapeutica e dell’accordo terapeutico, che spesso deve essere ri-contrattato (si potrebbe dire rinegoziazione dell’Alleanza). La paziente A.N. “richiede” un modello terapeutico diverso, giacché cerca di evitare il cambiamento.
Si considerano poi i trattamenti psicodinamici adleriani brevi attraverso una psicoterapia multimodale a rete nella forma B-APP (Ferrero): due cicli di B-APP per complessive 30 sedute con risultati in termini di global intervention.
Nelle conclusioni l’Autore sottolinea una serie di riflessioni, tra le quali:
• sapienza relazionale: giacché molti pazienti sono penalizzati dal timore di
commettere un errore e non sopportano l’idea di essere umiliati;
• capacità dei terapeuti di un’alleanza per un attaccamento meno compulsivo e più sicuro;
• problemi quotidiani del controtransfert;
• relazione terapeutica in gran parte empatica con un metacontrotransfert positivo, giacché favorisce un attaccamento sicuro.
Il commento all’articolo di Secondo Fassino è sintetizzabile in un suo stesso scritto successivo, su “La anoressia sfida la psicoterapia” [Fassino, 2014]. Egli sottolinea: «Dagli studi proposti emerge la possibilità di ridefinire il ruolo del terapeuta nella psicoterapia dell’A.N. Ricerche sulle dinamiche famigliari e la personalità dei genitori di pazienti A.N., recenti studi sullo stile di attaccamento nell’A.N. supportano una revisione di un modello psicodinamico, patogenesi e cura, che consideri l’A.N. come malattia connessa ad alterato sviluppo del Sé, in cui vivere senza mangiare e piuttosto talvolta morire sono compensazioni grandiose di gravi sentimenti di non valere nulla e di un pervicace scoraggiamento, come proposto vent’anni fa da H. Bruch. È indispensabile considerare lo stile di vita del terapeuta oltre a quello del paziente. essendo il processo di incoraggiamento il cuore del cambiamento, fenomeni come embodied simulation, intentional attuenement, moments of meeting, comunicazione implicita, concettualizzati
in recenti scoperte neurobiologiche e di brain imaging, concorrono ad avvalorare la comprensione empatica come nucleo del processo di incoraggiamento. Le esperienze precoci si ripetono nella reazione di transfert e condizionano contaminazioni e contagi emotivi sul metacontrotransfert positivo del terapeuta, tra rischi di zelo eccessivo e scoraggiamento.»

2.Il secondo articolo, di Emanuele Bignamini e Cristina Galassi, dal titolo “Per uno sviluppo della comprensione psicopatologica-culturale dell’addiction e per un fondamento dell’intervento psicoterapeutico” si riferisce alla complessità dell’intervento terapeutico nei disturbi da uso di sostanze.
L’addiction è appunto una relazione patologica tra soggetto e oggetto(sostanze, comportamenti), caratterizzata: da alterazioni neurobiologiche, funzionali e strutturali del sistema di gratificazione; da desiderio forte e impellente; da coartazione dei mezzi con cui il soggetto si procura piacere e da marcata difficoltà alla rinuncia, che rende il suo utilizzatore in condizioni di dipendenza, o addirittura di schiavitù.
L’addiction travolge i paradigmi che la clinica abitualmente utilizza e spiazza radicalmente qualsiasi tentativo d’approccio unidirezionale. Essa è una patologia della relazione, non è una malattia usuale, ma è piuttosto una organizzazione patologica.
Il contributo di Bignamini e Galassi sulle tossicodipendenze fa emergere appieno la peculiarità dell’approccio e del rischio di pseudo-alleanze da parte degli utenti: ciò pone quindi la necessità di una relazione contrattuale e di un’alleanza organizzativa.
Bisogna comprendere la complessa relazione attraverso gli aspetti biologici, culturali, ambientali e sociali. Si deve superare il paradigma della complicazione (come termine in cui il problema è pieno di pliche) e ci si deve proiettare in quello della complessità/sistemi aperti, in cui imprevedibilità e paradosso sono sempre presenti con effetto farfalla (cioè un equilibrio instabile ai margini del caos).
Gli Autori si domandano quale possa essere il senso degli interventi, alla luce di una gestione e non di una imposizione, circa la natura dell’oggetto di lavoro.
Le importanti conclusioni, riferibili anche al tipo di Alleanza, sono:
• l’opportunità di un accordo precontrattuale per definire un successivo percorso: in questo primo periodo possono essere utilizzate le metodiche adleriane sul modello del costruttivismo della Oberst;
• se l’addictionè un’organizzazione patologica, allora l’A.T. deve anche fare capo ad un’Alleanza Organizzativa;
• il gruppo terapeutico entra a far parte dell’organizzazione terapeutica e della negoziazione degli obiettivi.
Nelle conclusioni viene ribadita l’importanza imprescindibile della psicoterapia nei casi di addiction: questa deve rientrare in un’architettura organizzativa. Quindi gli obiettivi contrattualizzati rientrerebbero prioritariamente in un’Alleanza Negoziata.

3.Il terzo articolo, di Goffredo Bartocci, dal titolo “Il Bestemmiatore Redento. Una sinergia fra Psicologia Individuale e Psichiatria Culturale”, sottolinea l’irrinunciabile componente culturale che si registra in qualsiasi approccio psicopatologico e relazione psicoterapeutica.
Bartocci propone due esemplificazioniche si caratterizzano l’una come competizione e l’altra come cooperazione.
a.Il primo esempio, che riguarda il terrorismo quale fenomeno geo-politico-sociale, pone il terrorista come colui che intenzionalmente semina terrore, provocando un evento traumatico intenzionale, superiore ad un evento traumatico naturale(terremoti, eruzioni vulcaniche, tempeste, ecc). Il terrorista ha un enorme potere influenzante che viene esercitato dall’uso surrettizio di particolari simboli mitico-religiosi accreditati a livello socio-culturale.

Questo contributo evoca l’adleriana aggressività violenta distruttiva attraverso un uso improprio di credenze religiose manipolate a fini geopolitici specifici. Coi tempi che corrono, il problema è di palpitante attualità e gli aspetti di cooperazione, anche interreligiosi, dovrebbero prevalere su quelli di competizione, favorendo a livello interculturale strumenti di prevenzione. Si sottolinea che il terrorista, sacralizzando la
fine della propria esistenza, si costituisce come un simbolo culturale potentissimo che esorcizza l’aberrazione di porre fine all’esistenza di un altro essere umano.
b.Nel secondo esempio, Bartocci sottolinea che il paziente segnalato vuole di fronte a sé un “essere umano (terapeuta, n.d.r.) con cui poter interagire qui e ora nella responsabilità della cura”. Queste parole esprimono nel modo migliore quella che può essere considerata una richiesta di un’Alleanza Terapeutica.
L’Autore riporta il caso di un individuo adulto al secondo episodio di una presumibile depressione maggiore, il quale nella sua vita è stato un bestemmiatore abitudinario.
Nell’ambito di un colloquio effettuato con fiducia nella psichiatria di un Servizio Pubblico di Salute Mentale, il soggetto rievoca un evento psicologicamente cruciale (la caduta accidentale della moglie da un albero con traumi multipli) che lo avrebbe “redento”. Egli dice, del ricordo passato: «Lei lì, un sacco, ed io, anch’io lì disperato… Sì, chiesi aiuto a Dio! Dio fammi la grazia ed io, bestemmiatore, ti onorerò per
sempre». Questa comunicazione al terapeuta suggella un’A.T. (mediante un metacontrotransfert positivo anche sub-culturale) che non sarebbe potuta avvenire con il solo utilizzo degli psicofarmaci, i quali peraltro erano stati correttamente somministrati.
Nelle conclusioni, l’Autore propone degli obiettivi per il futuro e sollecita gli addetti di una Psichiatria e Psicoterapia Culturale, in sinergismo con la Psicologia Individuale Comparata, a respingere la violenza distruttiva e ad essere rispettosi della dignità e dell’Orientamento di Valori della persona, attraverso un coinvolgimento empatico.
Ciò facilita il livello di cooperazione autentica attraverso la comprensione del suo Stile di Vita (immagine di Sé, valori etici, ideale del Sé), che per la P.I. sono concause fondamentali del comportamento. Nel caso di specie del bestemmiatore che si redime, la strategia psicoterapeutica mira a correlare lo Stile di Vita attraverso la comprensione (Dasein) del soggetto, della sua immagine della vita in generale (Weltbild) e di
quella di vivere tra la gente (mondo socio-culturale).
4. Sembra utile riportare qui sinteticamente alcune riflessioni sul volume di Andrea Ferrero, “Une psychothérapie modulée sur le fonctionnement psychopathologique. Le modèlesur-mesure de la psychothérapie psychodynamique adlérienne”.
Il libro, recensito in questo Numero della Rivista, porta l’Autore ad occuparsi tanto dell’epistemologia psicopatologica, quanto del processo terapeutico. Ciò avviene in una Struttura di Salute Mentale, nella quale, per motivi di utenza ed organizzativi, si devono modulare gli interventi non solo sui processi delle Psicoterapie Adleriane Strutturate (APP), ma pure sugli indicatori di processo delle Psicoterapie time-limited che derivano dalla APP: la B-APP e la SB-APP.
Per ciò che attiene ai fondamenti dell’Alleanza Terapeutica, essi sono correttamente considerati quali fattori non specificidel processo psicoterapico, che riguardano, tra l’altro, l’attitudine alla relazione, caratterizzata per la capacità di unire e di proteggere, ed il Sentimento di appartenenza. La sicurezza è una capacità di interessarsi dell’Altro senza farsi contaminare dalla sofferenza; la confidenza in Sé diventa una sorgente di sostegno e un modello di speranza; la creatività incoraggia il cambiamento
e può attivare la creatività stessa del paziente.
Per Ferrero, l’A.T. non corrisponde soltanto all’accettazione e alla fiducia del paziente, o ancora all’accordo con il terapeuta, ma proviene altresì dall’incontro adattativo (che si potrebbe ascrivere ad un’Alleanza di Lavoro) delle caratteristiche e delle attese reciproche, che all’inizio del trattamento (alleanza terapeutica precoce) dipendono in larga misura dalle relazioni attuali e da quelle passate. Queste considerazioni sembrano confermare l’importanza, nell’economia generale del trattamento, delle dinamiche del transfert e del controtransfert tradizionalmente segnalate dalle scuole ad
orientamento psicodinamico.

[…]